giovedì 17 febbraio 2011

«Vi spiego cos’è l’Anello di Gelli»

di Alessandro Calvi

Guido Salvini. Spiega il magistrato che la struttura parallela, e segreta, di cui ha parlato il capo della P2, attribuendone la guida ad Andreotti, era «politica» e serviva per operazioni con mezzi illeciti in chiave anticomunista.

È forse la struttura riservata della quale si conosce meno. Si tratta del Noto Servizio, conosciuto anche come Anello della Repubblica, una sorta di servizio segreto parallelo della cui esistenza si venne a conoscenza quando Aldo Giannuli, su incarico del giudice Guido Salvini che indagava sulla strage di piazza Fontana, e della procura di Brescia al lavoro sulla bomba di piazza della Loggia, scovò alcuni documenti nell’archivio di via Appia del Viminale nel quale si faceva riferimento a questa entità. Dopo di allora, un libro di Stefania Limiti e poco altro. Ora, all’improvviso e in un momento di grave crisi della politica, se ne torna a parlare. Lo ha fatto Licio Gelli, parlando di Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi.

Già, Licio Gelli, il quale con una intervista pubblicata da Oggi, nella quale è piuttosto duro con Berlusconi, conferma l’esistenza dell’Anello e lo lega a Giulio Andreotti. «Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello». Non può sfuggire, però, una circostanza del tutto inconsueta per chi ha fatto della riservatezza una ragione di vita, ovvero che quella ad Oggi è la seconda intervista che il Venerabile rilascia nell’arco di un paio di settimane. Il 28 gennaio scorso, infatti, sul quotidiano il Tempo compariva un’altra intervista a Gelli. Al centro, sempre la figura di Berlusconi e ancora giudizi poco lusinghieri sull’attuale premier. E c’è una frase - «Se è vero ciò che gli viene attribuito (e credo che almeno in parte sia vero), allora sì: non avrebbe dovuto farlo, o, quantomeno, avrebbe dovuto utilizzare sistemi più riservati» - la quale, messa in relazione con la rivelazione sull’Anello e sul ruolo di Andreotti, sembra assumere un tono di rimprovero. «Se Licio Gelli intende davvero parlare dell’Anello - nota Salvini - lo può fare da posizione davvero privilegiata».
Giudice Salvini, cosa intende dire?
Questa organizzazione è nata sul finire della guerra su iniziativa del generale Mario Roatta, ex capo del servizio militare che allora si chiamava Sim, e capo di stato maggiore dell’esercito. Ebbene, Gelli tra il 1940 e il 1942 lavorò come informatore del Sim. Il suo è il tono di chi parla avendo vissuto da vicino certe vicende, e questo anche se quella non era la “sua” organizzazione. Ma, d’altra parte, la P2, Gladio e le altre organizzazioni in attività si possono considerare come cerchi concentrici o foglie di carciofo le quali, pur avendo ciascuna un proprio ruolo, hanno comunque dei punti di collegamento.
Quale è stato il ruolo dell’Anello?
A differenza delle altre organizzazioni parallele che poi sono emerse a partire dagli anni Novanta come Gladio e i Nuclei di Difesa dello Stato, il Noto Servizio non era una organizzazione militare ma civile e non aveva compiti che fossero legati a progetti golpisti o di controinsorgenza. Era formata da imprenditori, ex repubblichini, giornalisti. Lo sappiamo dalle carte rinvenute presso gli archivi del ministero dell’Interno e dalle testimonianze di due persone che hanno raccontato la loro militanza nella organizzazione, permettendoci di rileggere anche alcuni accenni fatti da Mino Pecorelli al Noto Servizio prima della scoperta dei documenti da parte di Giannuli che all’epoca non era stato possibile decifrare.
Che genere di operazioni ha svolto?
In generale possiamo dire che fu coinvolta in operazioni che lo Stato non poteva fare direttamente e per le quali non poteva rivolgersi ad altre entità costituite per altri scopi. Per ciò che ne sappiamo, si tratta di operazioni politiche finalizzate al mantenimento di interessi interni e internazionali in chiave anticomunista. Insomma, erano operazioni portate a termine con mezzi illeciti per tenere in piedi un determinato quadro.
Come mai è rimasta così segreta tanto a lungo?
Proprio perché non è stata coinvolta nei progetti di golpe degli anni Settanta. E anche perché era una organizzazione dormiente che veniva attivata all’occasione.
In quali occasioni è stata attivata?
Su alcune operazioni abbiamo delle certezze, su altre molto meno. Mi fermerei alle prime: la fuga di Kappler, il rapimento di Ciro Cirillo e l’acquisto di petrolio dalla Libia.
Partiamo da Kappler.
Partiamo invece dalla fuga di Roatta che avviene trent’anni prima e sembra del tutto sovrapponibile a quella di Kappler. Roatta fu fatto fuggire dall’ospedale militare durante il processo per l’assassinio dei fratelli Rosselli nel 1945, poco prima di essere accusato per i crimini dell’esercito nei Balcani. L’aereo che portò Roatta in Spagna sarebbe stato guidato da Adalberto Titta, elemento centrale dell’Anello. E lo stesso Titta avrebbe guidato l’auto che portò Kappler, fuggito dall’ospedale militare del Celio, verso il nord Italia dove fu consegnato ai servizi tedeschi nel quadro di una operazione che doveva sbloccare alcuni prestiti tra Germania Federale e Italia. Tra l’altro, numerose testimonianze dicono che una parte delle carte di Moro avrebbero avuto ad oggetto proprio la fuga di Kappler, indicata come operazione di Stato. Non sono mai emerse, come se fossero state potate perché troppo imbarazzanti.
E la Libia?
Negli anni Settanta alcuni petrolieri italiani con la complicità di ufficiali della Finanza, avrebbero dovuto acquistare petrolio dalla Libia a prezzo più basso di quello fissato dall’Opec in cambio di armi risalenti alla Seconda Guerra Mondiale. Moro era contrario. Secondo Pecorelli l’Anello intervenne su indicazione di Andreotti per portare a termine l’operazione.
L’Anello intervenne anche nel caso Cirillo?
Titta avrebbe trattato personalmente con Cutolo nel carcere di Ascoli Piceno il pagamento del riscatto che sarebbe stato diviso con le Brigate Rosse per rilasciarlo. Anche in questo caso sarebbero sparite le cassette registrate degli interrogatori di Cirillo in cui ci sarebbero state delle confessioni su alcune malefatte della Dc in Campania.
Gelli ora dice che l’Anello era cosa di Andreotti.
Si aggiungerebbe così ai testimoni che hanno ammesso di aver partecipato all’Anello e avevano detto la stessa cosa.
Perché secondo lei Gelli parla proprio adesso dell’Anello e perché parla di Berlusconi?
Direi che il tono sembra quello di un rimprovero, come di non aver avuto l’accortezza di dotarsi di un “anello” di sicurezza. Per capire di più, aspettiamo ciò che dirà nella seconda puntata che ha promesso.


16 febbraio 2011

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