venerdì 25 febbraio 2011

Gelli, l’Anello e i messaggi al Cavaliere



di Alessandro Calvi


Quando parla uno come Licio Gelli è sempre difficile essere sicuri di qualcosa. «Certo, però, non può essere casuale che abbia deciso di parlare. Evidentemente, sa che può farlo. E sa che un ciclo politico che lui ben conosce si sta chiudendo». A dirlo è Stefania Limiti, autrice dell’Anello della Repubblica (edito da Chiarelettere), unico libro-inchiesta sul Noto Servizio, la struttura parallela destinata alle operazione “sporche” della quale sino a poco tempo fa si ignorava tutto, inclusa la sua stessa esistenza. Ebbene, di recente a parlarne è stato addirittura Gelli. Il capo della Loggia P2 ha tirato in ballo Giulio Andreotti ma, soprattutto, ha fatto pesanti osservazioni su Silvio Berlusconi che della “sua” loggia, la P2, era titolare della tessera contrassegnata dal numero 1812.
Ultimamente Licio Gelli sembra diventato molto loquace, e già questa è una notizia. Di notizie, però, se ne trovano, e tante, soprattutto nelle molte parole che lo stesso Gelli ha affidato ai giornali. Soltanto nell’ultimo mese: il Piave, il Tempo e Oggi, al quale ha affidato la farse che ha colpito di più: «Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello», sebbene già dalla intervista al Tempo avesse avviato una spietata analisi dell’operato di Silvio Berlusconi. E non sembra essere finita qui. Niente male, considerato il riserbo quasi proverbiale per il quale l’uomo è noto. In mezzo, e la circostanza probabilmente pesa, una lunga intervista dell’Espresso al prefetto Bruno Rozera, pezzo da novanta della massoneria che parla, e molto, anche di Gelli. Dopo averne parlato con Guido Salvini e Aldo Giannuli (fu quest’ultimo, nel 1998, mentre era al lavoro per conto delle procura di Brescia che indagava sulla strage di piazza della Loggia e di Salvini che a Milano era al lavoro su piazza Fontana, a scovare, in un archivio del ministero dell’Interno, alcuni documenti riservati che svelarono per la prima volta l’esistenza del Noto Servizio), il Riformista ne ha parlato anche con Stefania Limiti, la quale riparte proprio dalle interviste concesse da Gelli.

«Gelli - orsserva la giornalista - sembra dire a Berlusconi: sarebbe stato meglio che la sera te ne fossi andato a dormire; ora il tuo tempo è finito; neppure un Anello, neppure Gladio ti possono più salvare. Insomma, mi sembra che Gelli stia cantando la fine di un uomo sul quale, peraltro, aveva puntato». Ma, spiega la Limiti, forse non è ancora tutto. «Dalle parole di Gelli - prosegue - mi pare emerga un Silvio Berlusconi molto più legato al passato, e alla prima Repubblica, di quanto si pensi. D’altra parte, spesso si dimentica che Berlusconi era già qualcuno ben prima della nascita di Forza Italia. La sensazione è che, se Gelli proprio ora e con certi toni parla di Berlusconi, forse lo fa perché Berlusconi fa parte di una storia che anche Gelli conosce molto bene».

Giuseppe De Lutiis, che è tra i maggiori analisti italiani di terrorismo e servizi segreti, nella introduzione al libro della Limiti accenna a Giuseppe Cabassi, il cui nome compare nei documenti rinvenuti da Giannuli. Cabassi, era un noto imprenditore lombardo. Ebbene, scrive De Lutiis che, «all’epoca, era sentore comune che dietro Cabassi ci fosse il Psi, ma, secondo quanto dichiarato dall’amministratore delegato del gruppo (Rizzoli-Corriere della Sera, ndr) Bruno Tassan Din, dietro Cabassi, oltre al Psi, vi sarebbero stati i vertici della P2». Insomma, fa notare la Limiti, «Cabassi aveva un curriculum simile a quello che allora poteva vantare Berlusconi e, forse, era un altro nome sul quale aveva puntato la P2. Poi, è possibile che sia stato scelto un altro cavallo. Da qui, potrebbe nascere quella amarezza che sembra esprimere Gelli per la fine di un uomo nel quale aveva creduto». Ma non è ancora tutto.

Era il maggio del 1997 e «l’allora presidente della commissione stragi Giovanni Pellegrino, intervenendo al Salone del Libro di Torino, rivelò di aver ricevuto una lettera da Raffaele Delfino, il quale fu tra i protagonisti della breve stagione di Democrazia nazionale, la formazione fuoriuscita dal Msi nel 1976. Fu una operazione - spiega ancora la Limiti - nella quale entrò pesantemente anche l’Anello come ho raccontato nella mia inchiesta. Delfino in quella lettera avrebbe raccontato che quella scissione fu finanziata proprio da Silvio Berlusconi». Di quella circostanza resta traccia anche in un resoconto di Repubblica: «Fu Berlusconi a finanziare la scissione Delfino dal Msi». Si deve ricordare che la rottura col Movimento sociale avvenne sull’appoggio - sul quale spingevano i fautori di Dn - al governo Andreotti in chiave anticomunista. Inoltre, secondo quanto il giudice Salvini e Aldo Giannuli hanno spiegato al Riformista, l’Anello compiva operazioni “sporche” in chiave anticomunista. Il fatto che Licio Gelli abbia ricollegato questa formazione al nome di Andreotti, e che abbia usato certi toni contro Silvio Berlusconi, dà da pensare.

Certo, siamo comunque nel campo delle ipotesi, anche se, osserva ancora la stessa Limiti, «Gelli una cosa certa l’ha detta: l’Anello esisteva. Si dovrebbe ripartire da qui, anche perché quella struttura parallela ha inciso pesantemente nella vita pubblica del paese». La giornalista si riferisce alla fuga di Kappler e l’intervento nel caso Cirillo ma non soltanto. «L’Anello - aggiunge - è stato protagonista anche di altre vicende, tra le quali una dura campagna di intimidazione contro esponenti del Psi vicini al Pci all’epoca del centrosinistra».

Pur essendo poco conosciuto, prosegue la Limiti, «l’Anello è stato presente molto più di quanto non si pensi. Negli anni la ragione sociale è cambiata, insieme alle condizioni politiche. E tutti i suoi membri sono sempre stati esecutori di ordini che il potere politico impartiva, anche dopo che il Pci non era più considerato come il pericolo numero uno». E oggi? «Oggi è probabile che i membri dell’Anello siano stati disattivati ma il modulo operativo dell’Anello ci deve interrogare ancora».

Il perché Gelli ne torni a parlare oggi - legandolo ad Andreotti, mentre prende le distanze da Berlusconi - soltanto lui potrà spiegarlo. Secondo Giannuli l’accenno all’Anello sarebbe soltanto una «spruzzata di formaggio che rende più appetibile la vivanda» e la vivanda sarebbe tutt’altra. «Ma Gelli - aggiunge la Limiti - forse si sente ancora testimone, uno dei pochi rimasti, di un’epoca, e vuol far sapere che di quella epoca detiene ancora adesso tanti misteri. Ciò che è certo - conclude - è che se ci fossimo interrogati di più su questa struttura parallela, forse oggi saremmo in grado di comprendere gli altri anelli mancanti alla nostra Repubblica».

giovedì, 24 febbraio 2011

Nessun commento: