ROMA - «Avevo creato un’oasi di pace e tranquillità per i migliori», spiegò Licio Gelli alla giornalista Sandra Bonsanti dopo il suo rientro in Italia, nel 1988. Gelli, guida della P2, scoperta esattamente 30 anni fa, diede conto in quella occasione degli intenti che avevano animato la sua “congrega massonica”: «Ho sempre pensato alla massoneria come ad una specie di canale diplomatico sotterraneo... di certo il fine della P2 era quello di garantire all’Italia strade privilegiate nei suoi rapporti internazionali». L’obiettivo ultimo? «Governare senza essere al governo. Fornire suggerimenti e stimoli che potessero risultare utili». Per anni e anni si è discusso se Gelli abbia o no gestito per sé il suo potere occulto.
Gelli è sempre stato netto su questo, anche in tempi recenti. Il suo potere non era né a lui delegato, né delegabile. E ci sono state le interpretazioni date da Francesco Cossiga della P2 come espressione del «partito americano» che non hanno raccolto commenti rilevanti da parte di Gelli. E per una ironia della sorte l’anniversario della scoperta delle liste della loggia cade nel giorno del 150º dell’Italia. Infatti il 17 marzo 1981, indagando sul presunto rapimento del banchiere Michele Sindona, i giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone fecero perquisire la dimora di Licio Gelli ad Arezzo, “Villa Wanda”, e la sua fabbrica di materassi , la “Giole” a Castiglion Fibocchi. Negli uffici di quest’ultima, in una valigia lasciata in bellavista, venne ritrovato l’elenco di circa mille iscritti alla Loggia P2. Si è discusso a lungo se quello fosse l’elenco esaustivo, completo e definitivo della loggia.
Lo stesso Gelli ha sempre alimentato questo tema con calibrate e mirate affermazioni. Una cosa è certa: la scoperta delle liste della P2 fu casuale. I magistrati cercavano la lista dei “500”; i grandi esportatori di capitali tutelati da Michele Sindona che aveva finto di essere stato rapito e che aveva «mimato», con falsi comunicati, di essere in mano alle Br, come Aldo Moro.
Fra i nomi compresi nella lista della P2 (Propaganda 2) figurava naturalmente il fratello Michele Sindona. L’elenco degli iscritti comprendeva personaggi noti, compresi politici e appartenenti all’amministrazione dello Stato, generali.
Il ritrovamento fece detonare uno scandalo politico che portò, fra l’altro, a interventi legislativi finalizzati a sanzionare le associazioni segrete, in attuazione dell’articolo 18 della Costituzione. Fu quella la legge Anselmi, dal nome della parlamentare Dc che guidò anche la commissione di inchiesta che venne varata dal parlamento in gran fetta. La lista degli aderenti venne resa pubblica il 21 maggio 1981. Tra i 932 iscritti, molti dei quali negarono la loro appartenenza, figuravano 44 parlamentari, tre ministri del governo allora in carica, un segretario di partito, 12 generali dei carabinieri, 5 generali della guardia di finanza, 22 generali dell’esercito italiano, 4 dell’aeronautica militare, 8 ammiragli, magistrati e funzionari pubblici, giornalisti, personaggi legati al mondo dello spettacolo ed imprenditori.
«Dal giorno della scoperta delle liste di me - ha detto Gelli - è stato detto tutto e il contrario di tutto». E Gelli ultimamente ha nuovamente alimentato questa sorta di «fonte» con una dichiarazione che ha confermato l’esistenza di un servizio segreto clandestino come l’Anello.
«Giulio Andreotti sarebbe stato il vero “padrone” della Loggia P2? Per carità... io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello», ha detto Gelli poche settimane fa. L’Anello? «Sì, ma ne parleremo la prossima volta». Sulla P2, Licio Gelli tra l’altro ha detto proprio in quella occasione: «La rifarei. Anche se tanto del mio Piano di rinascita è stato realizzato. Mi sarebbero bastati altri quattro mesi. Solo quattro. E avrei cambiato il sistema politico senza colpo ferire».
17 Marzo 2011
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